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Trento, 23 maggio 2012
Emergenza antropologica e laicitÀ politica:
un nuovo umanesimo senza integralismi

di Marco Boato

Contributo al volume collettaneo sull’emergenza antropologica
(Mario Castagna – editore Guerini – 2012

1.  Precedenti storici e diversità attuale. La lettera sull’emergenza antropologica e sul dialogo col magistero di papa Benedetto XVI è un prodotto culturale (ma con forti valenze politiche e con un retroterra filosofico-teologico) di grande interesse e di straordinaria attualità, dentro una crisi davvero epocale. Se dovessi ripercorrere rapidamente un arco storico di mezzo secolo, mi tornerebbero alla mente: il discorso di Palmiro Togliatti a Bergamo il 20 marzo 1963 (poi intitolato “Il destino dell’uomo”) e alcuni passi del “Memoriale di Yalta” dell’anno successivo, agosto 1964, alla vigilia della sua morte; il dialogo tra cristiani e marxisti, che si sviluppò in varie forme a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, nell’epoca conciliare e post-conciliare; la teorizzazione del “compromesso storico”, prospettata da Enrico Berlinguer sulle pagine del settimanale “Rinascita” dopo il colpo di stato in Cile dell’11 settembre 1973 contro il governo di Salvador Allende.

Ma questi richiami storici mettono anche in luce la profonda diversità sia della situazione attuale, sia del terreno su cui si pone la proposta di dialogo e di confronto. Non parla un segretario di partito, ma scrivono quattro intellettuali con storie personali assai diverse, anche se il testo si rivolge direttamente all’attuale segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, citando in particolare il suo libro-intervista “Per una buona ragione” (edito da Laterza). Non è ipotizzato un rapporto tra forze politiche organizzate – che del resto, come tali, non esistono più dall’inizio degli anni ’90 -, ma semmai è prospettato un rapporto tra credenti e non credenti, fuori e dentro i partiti oggi esistenti (con specifico e insistito, anche troppo a mio parere, riferimento al Pd). Non vengono assunti come interlocutori diretti i laici cattolici – pur presenti in filigrana in tutto il documento -, quanto soprattutto le massime gerarchie ecclesiastiche: in primo luogo papa Benedetto XVI e quindi il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Angelo Bagnasco.

2.  La lezione di Alexander Langer. Siamo dunque di fronte a qualcosa di profondamente diverso dal passato, anche se su un terreno, per quanto arduo e complesso, non totalmente inesplorato. “Cara Rossanda, e se Ratzinger avesse qualche ragione?”: con questo titolo venne pubblicato su “il manifesto” del 7 maggio 1987 (ormai un quarto di secolo fa!) un ampio intervento di Alexander Langer, all’epoca leader carismatico degli ecologisti italiani, che affrontava a viso aperto proprio i temi della bioetica e di quella che solo più recentemente è stata definita “questione antropologica” (Langer è morto di sua volontà il 3 luglio 1995: si veda l’ottima antologia postuma dei suoi scritti, tra cui quello citato, in “Il viaggiatore leggero”, ripubblicata più volte da Sellerio). All’epoca Langer era consigliere regionale sudtirolese, ma due anni dopo, nel 1989, fu eletto nel Parlamento europeo (e rieletto anche nel 1994), dove continuò a portare avanti posizioni molto rigorose in tema di bioetica, come ricordò, nel decennale della morte, Pierluigi Castagnetti, che era stato suo collega europarlamentare.

Per questo, a mio parere, la lettera-documento di Barcellona, Tronti, Sorbi e Vacca potrebbe ambire ad una più vasta incidenza politico-culturale, affrontando le stesse tematiche in riferimento ad uno spettro più ampio di forze politiche, anche “trasversalmente” agli schieramenti tradizionali (del resto oggi ampiamente in discussione), non limitandosi ad assumere il solo Pd come interlocutore privilegiato. E questa osservazione potrebbe risultare tanto più valida e pertinente, quanto più è doloroso registrare un profondo silenzio su questo ordine di riflessioni sia nella maggior parte dei laici cattolici, di diversa estrazione e collocazione politica, sia nei laici non cattolici (e anche non credenti), con rare eccezioni.

3.  Dal Concilio Vaticano II ad oggi. Forse casualmente (ma la coincidenza è comunque assai significativa) questo dibattito si colloca in parallelo col cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962) e nell’imminenza dello stesso anniversario, l’anno prossimo, dell’enciclica di papa Giovanni XXIII “Pacem in terris” (11 aprile 1963), che ebbe a suo tempo una eco immensa e che per la prima volta fu destinata “a tutti gli uomini di buona volontà”, superando i confini visibili della Chiesa cattolica e dello stesso cristianesimo.

Molti problemi, per quanto riguarda la piena attuazione del Vaticano II, rimangono ancora oggi aperti, pur superata la fase più difficile e talora drammatica del post-Concilio degli anni ’60 e ’70. L’ecclesiologia di comunione (in alternativa alla “societas perfecta”) del “popolo di Dio in cammino”; la concezione del “ministero petrino” per quanto riguarda il ruolo del papato; la mancata realizzazione di una autentica collegialità episcopale (non ridotta solo ad una saltuaria funzione consultiva); il forte ridimensionamento del ruolo dei laici cattolici (il cui silenzio nelle grandi questioni ecclesiali è spesso sconfortante e segno di una scarsa vitalità con cui viene vissuta la stessa “ecclesiologia di comunione”); il forte ridimensionamento anche del dialogo inter-religioso (dopo la stagione dello “spirito di Assisi”), ricondotto ad un meno ambizioso “dialogo inter-culturale”; ed anche le permanenti difficoltà in materia di ecumenismo. Tutto questo, ricordato solo in estrema sintesi, dimostra le tensioni e le remore che ancora permangono nella Chiesa cattolica rispetto alla realizzazione del Concilio, a mezzo secolo di distanza dalla sua fiduciosa apertura da parte di Giovanni XXIII (che, nel discorso inaugurale, stigmatizzò con forza i “laudatores temporis acti”).
Per non dare l’impressione di una sorta di “dialogo al vertice” (o più semplicemente “col vertice”), sarà a mio parere opportuno collocarlo nel contesto delle problematiche attuali che attraversano la Chiesa cattolica, riferendomi agli aspetti più propriamente teologici e culturali e non certo alle vicende “scandalistiche” che di tanto in tanto vengono in superficie (del resto, era stato lo stesso card. Joseph Ratzinger, in occasione del drammatico venerdì santo del 2005, a denunciare con coraggio e con forza inaudita la “sporcizia” nella Chiesa).

4.  Emergenza antropologica e nuova alleanza. Nella lettera-documento sottoscritta da Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti e Giuseppe Vacca emergono in modo particolarmente incisivo una serie di temi di grande rilevanza. A partire dalla “inedita emergenza antropologica”, viene fin dall’inizio posta la questione di “una nuova alleanza fra uomini e donne, credenti e non credenti, religioni e politica”. La definizione di una nuova laicità viene ripresa anche in riferimento al magistero della Chiesa che muove “da una visione positiva della modernità, fondata sull’alleanza di fede e ragione”. Per quanto riguarda Bersani, viene sottolineata la “responsabilità dei laici” in rapporto alla “mediazione della scelta concreta delle decisioni politiche”: e questo è un tema che rimanda direttamente all’autonomia della politica e alla questione della laicità e che chiama in causa sia credenti che non credenti. Per quanto riguarda il card. Bagnasco, viene richiamata la critica della “cultura radicale” e della “concezione individualistica”, e al tempo stesso, in alternativa alla “catastrofe antropologica”, la proposta di nuove modalità di impegno comune dei cattolici (essendo comunque superato qualunque richiamo disciplinare all’unità politica dei cattolici, vanificatosi da decenni) verso “la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica” (una formula rimasta - intenzionalmente c’è da credere - molto nel vago, ma che ha avuto una grande risonanza nel dibattito pubblico), per la costruzione di un umanesimo condiviso. Per quanto riguarda il magistero di papa Benedetto XVI, il documento considera “dirimente il confronto su due temi fondamentali”: il rifiuto del “relativismo etico” e il concetto di “valori non negoziabili”. E, su queste basi, viene postulata una “iniziativa politica e culturale volta non solo a interloquire con il mondo cattolico, ma anche a cercare nuove forme di collaborazione con la Chiesa nell’interesse del Paese”.

5.  Laicità e mediazione politica. Se questi sono alcuni degli aspetti essenziali contenuti nel documento sulla “emergenza antropologica”, credo sia utile, da una parte, sottolinearne l’importanza e la novità – almeno nel contesto culturale e politico in cui si collocano -, ma sia anche necessario, dall’altra parte, farne emergere la problematicità, che richiede un supplemento di riflessione critica. “La condanna del ‘relativismo etico’ non travolge il pluralismo culturale, ma riguarda solo le visioni nichilistiche della modernità”: si tratta di una precisazione fondamentale, proprio per evitare ogni rischio simmetrico di “assolutismo etico”, che configgerebbe apertamente con una società laica, democratica e, appunto, “plurale”. Analogamente dicasi per il concetto di “valori non negoziabili”, che deve fare i conti con il ruolo della laicità e della mediazione politica. Afferma opportunamente il documento: “Un concetto che attiene, appunto, alla sfera dei valori, cioè dei criteri che debbono ispirare l’agire personale e collettivo, ma non nega l’autonomia della mediazione politica”. Si tratta di una precisazione fondamentale per distinguere un “umanesimo integrale” (per riprendere la classica definizione di Jacques Maritain, che risale al 1936) da una concezione integralistica dell’umanesimo.

6.  La lezione di Ratzinger al Bundestag. Oltre agli aspetti del magistero di Benedetto XVI che sono esplicitamente e fortemente richiamati nel documento, vorrei suggerire una riflessione più ampia relativa al (magistrale) discorso tenuto da papa Ratzinger il 22 settembre 2011 di fronte al Bundestag di Berlino. Tutta la sua allocuzione è stata di grande rilevanza e di alto livello teorico, storico, giuridico e filosofico. Ma vorrei qui in particolare riportare l’attenzione sulla sua riflessione a proposito del movimento ecologico, che sembra quasi una risposta – a un quarto di secolo di distanza – alla interlocuzione che gli fece nel 1987 Alexander Langer, quando Ratzinger era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.

Si tratta di una lunga citazione, che però credo valga la pena fare per intero, senza piegare singole frasi a interpretazioni unilaterali: “Direi che la comparsa del movimento ecologico nella politica tedesca a partire dagli anni Settanta, pur non avendo forse spalancato finestre, tuttavia è stata e rimane un grido che anela all’aria fresca, un grido che non si può ignorare né accantonare, perché vi si intravede troppa irrazionalità. Persone giovani si sono rese conto che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va; che la materia non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni. È chiaro che qui non faccio propaganda per un determinato partito politico – nulla mi è più estraneo di questo. Quando nel nostro rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione circa i fondamenti della nostra stessa cultura. Mi sia concesso di soffermarmi ancora un momento su questo punto. L’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza ancora un punto che oggi come ieri viene largamente trascurato: esiste anche un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli ascolta la natura, la rispetta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sè. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana”.

È stato significativo che – invitato dal presidente democratico-cristiano del Bundestag, Norbert Lammert (personalità del resto assai stimata in Germania, non solo nel suo partito, la Cdu) – papa Ratzinger abbia trovato ad ascoltarlo con grande rispetto e attenzione, per quanto riguarda l’opposizione, i deputati della Spd e dei “Grünen”, mentre i deputati della “Linke” avevano abbandonato per protesta l’aula. Anche da episodi come questo passa la differenza tra laicità politica e laicismo integralista. Tanto più che l’intero discorso di papa Ratzinger è stato di alto livello intellettuale e culturale, degno di una “lectio magistralis” accademica oltre che della solennità di un’aula parlamentare. Ed anche nella sua lunga e coraggiosa riflessione sulla questione ecologica il suo pensiero è ritornato coerentemente a concludersi proprio sulla questione antropologica, attraverso il passaggio cruciale sulla “ecologia dell’uomo”.

7.  Progetto culturale e progetto politico. Il documento di Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti e Giuseppe Vacca è giustamente molto ambizioso, soprattutto sul piano etico e culturale. E come il card. Bagnasco ha parlato della “possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica”, anche il documento, pur proiettandosi prevalentemente nella dimensione etica e culturale, in realtà pone esso stesso una forte “interlocuzione con la politica”. Si tratta di un progetto culturale (ed etico) che richiama inevitabilmente e necessariamente anche un progetto politico, in una logica di “rifondazione” della democrazia italiana, di fronte ad una società disorientata e sottoposta quotidianamente al rischio della mercificazione, oltre che della disgregazione della sua unità nazionale. Non è facile navigare tra i “valori non negoziabili” e la mediazione politica e culturale, tra la critica al “relativismo etico” e l’affermazione del pluralismo non nichilista, tra il dialogo con la Chiesa cattolica (e le altre confessioni religiose operanti in Italia) e l’autonomia della politica, tra la “nuova laicità” e i rischi di un rinnovato integralismo. È una sfida in campo aperto, che chiama in causa etica e filosofia, metafisica e teologia, cultura e politica, e che richiede un grande coraggio e una grande lealtà intellettuale a tutti i potenziali interlocutori. Ma è una sfida che, con questi presupposti e con questa trasparenza, vale la pena di essere raccolta ed affrontata a viso aperto.

 

  Marco Boato

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